Armistizio di Cassibile, ottant’anni fa la resa dell’Italia agli Alleati

Armistizio di Cassibile

L’8 settembre 1943 venne reso noto l’Armistizio di Cassibile: atto che segnò una svolta nelle sorti della Seconda Guerra Mondiale

L’Armistizio di Cassibile rappresentò una pietra miliare nel percorso che l’Italia compì per uscire dall’incubo della Seconda Guerra Mondiale. L’8 settembre 1943, infatti, l’Italia fascista si ritrovò incollata alle radio per ascoltare il Proclama Badoglio che annunciò la resa del Paese agli anglo-americani. In questo articolo ripercorriamo le tappe fondamentali che hanno portato alla stesura di questo documento, determinante poi per la fine del conflitto.


INDICE
– L’Armistizio di Cassibile: la svolta in Nordafrica
– Dalla resa in Tunisia allo sbarco in Sicilia
– La caduta di Mussolini
– L’Armistizio di Cassibile
– Le conseguenze dell’Armistizio di Cassibile


L’Armistizio di Cassibile: la svolta in Nordafrica

Lo scenario che precede l’Armistizio di Cassibile dipinge perfettamente lo stato dell’arte dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Dopo i tentativi di conquistare l’Egitto e la Grecia, entrambi rivelatisi fallimentari e privi di valenza strategica, il Paese si ritrovò in una situazione a dir poco catastrofica. La popolazione versava nella povertà più assoluta e le prospettive di vincere la guerra contro gli Alleati erano ormai sfumate. Stati Uniti e Gran Bretagna, nel frattempo, si convincevano sempre più della necessità di sferrare un’offensiva decisiva nei confronti dell’Asse.

Il punto di svolta si ebbe al termine della seconda battaglia di El Alamein (ottobre-novembre 1942), in Egitto. Qui le forze dell’Asse, comandate dalla “Volpe del DesertoErwin Rommel, soccombevano sotto i colpi dei carri armati Sherman guidati dai generali britannici Harold Alexander e Bernard Law Montgomery, contro cui nulla poterono i carri armati italiani. La vittoria alleata permise di assestare un duro colpo ai nazi-fascisti, che ben presto dovettero ripiegare in Tunisia.

L’8 novembre 1942 si mise infatti in moto l’”Operazione Torch”, ovvero lo sbarco delle forze anglo-americane in Algeria e Marocco. Un passo fondamentale verso l’armistizio Seconda Guerra Mondiale. Qui gli Alleati poterono avanzare fino a Casablanca (11 novembre), seppur registrando ingenti perdite a causa dei collaborazionisti francesi. Occupata la maggior parte del territorio nordafricano, Stati Uniti e Gran Bretagna decisero che i tempi per un’offensiva decisiva erano ormai maturi. Nella splendida cornice della città marocchina si incontrarono infatti il 14 gennaio 1943 Franklin Delano Roosevelt (presidente USA), Winston Churchill (Primo Ministro britannico) e i generali francesi Henri Giraud e Charles de Gaulle.

È in questo contesto che matura la scelta di sferrare un attacco sui territori sovrani dell’Asse, anche se di mezzo c’era ancora la conquista della Tunisia, che avrebbe dovuto fare da base a uno sbarco sul continente europeo.


Dalla resa in Tunisia allo sbarco in Sicilia

Come detto, dalla Conferenza di Casablanca emerse con vigore la necessità di aprire un fronte attivo in Europa per mettere pressione alle forze dell’Asse. Mentre, però, Stalin dalla Russia chiedeva l’apertura di un fronte occidentale in Francia per alleggerire la pressione sul fronte orientale – opzione caldeggiata anche dagli americani –, la Gran Bretagna prevalse e si optò per lo sbarco in Sicilia, nome in codice “Operazione Husky”, che avvicinò ulteriormente l’Armistizio di Cassibile.

Per approdare sull’isola, però, occorreva conquistare la Tunisia. Qui le residue forze fasciste e naziste diedero filo da torcere agli Alleati, che comunque riuscirono a entrare a Tunisi il 7 maggio 1943 e ad ottenere la resa dell’Asse. Si trattava ora di mantenere segreta l’operazione prevista in Sicilia, una precauzione molto difficile da attuare. Per ottimizzare le probabilità di successo gli inglesi idearono l’”Operazione Mincemeat”. L’idea era semplice, ma geniale: prendere un cadavere, vestirlo con la divisa inglese e mettergli in tasca delle lettere false che indicavano come punto dell’attacco la Grecia.

La manovra di depistaggio funzionò e i tedeschi, ormai indispensabili alle forze fasciste per la difesa del territorio italiano, sguarnirono le linee in Sicilia. A questo punto l’”Operazione Husky” poté iniziare il 10 luglio 1943: vennero impiegati 160 mila uomini, 4 mila aerei militari, 600 carri armati, 1500 cannoni, 280 navi da guerra e 2500 mezzi da sbarco.


La caduta di Mussolini

La Sicilia accolse favorevolmente i soldati alleati, complice un fattore umano non indifferente. Il presidente americano Roosevelt, infatti, espresse formalmente la volontà che le prime linee fossero composte interamente da soldati italo-americani, in larga parte di origine siciliana. L’operazione consistette in due fronti di sbarco: il primo a Gela (VII Armata americana guidata dal generale Patton) e il secondo nella zona di Pachino (VIII Armata britannica, comandata dal generale Montgomery). L’obiettivo era ritrovarsi a Messina per poi attraversare lo stretto e approdare sul suolo italiano continentale e liberare lo Stivale.

In poco tempo la Sicilia crollò e a Roma il clima per Benito Mussolini si fece sempre più rovente. La perdita dell’isola fu infatti fondamentale per esautorare il dittatore fascista e avvicinare l’armistizio Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia gli Alleati vollero aumentare la pressione e iniziarono a bombardare le più importanti e strategiche città italiane. Il 19 luglio, mentre Mussolini si incontrava con Hitler a Villa Gaggia, arrivavano infatti le notizie di bombardamenti su Roma, Milano, Torino, Napoli, Genova, Bologna e Foggia. Gli americani del generale Patton entrarono invece a Palermo il 22 luglio. Nel frattempo, il più giovane Generale di Brigata del Regio Esercito, Giuseppe Castellano, iniziò a tessere relazioni diplomatiche con gli Alleati.

La svolta per la caduta di Mussolini arrivò invece il 24 luglio, quando Dino Antonio Giuseppe Grandi, Conte di Mordano, presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, presentò al Gran Consiglio del Fascismo un ordine del giorno. Con questa istanza, Grandi sosteneva che fosse “necessario l’immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali”. Contestualmente, il Re venne informato sul futuro arresto di Mussolini, che avvenne il giorno successivo alle ore 17:30.


L’Armistizio di Cassibile

Con la deposizione di Mussolini e l’incarico di governo affidato al maresciallo Pietro Badoglio, però, la situazione non cambiò. “La guerra continua”, affermò infatti il militare che cercava di tranquillizzare i tedeschi che, nel frattempo, iniziarono ad aumentare la propria presenza in Pianura Padana. Siamo ormai nel settembre del 1943 e Castellano raggiunge la città di Cassibile, nel profondo Sud della Sicilia, dopo aver a lungo trattato a Lisbona i tempi della resa senza condizioni.

Il via libera da parte del Re e di Badoglio per la firma dell’Armistizio di Cassibile arrivò solo il 30 agosto, termine ultimo fissato dagli anglo-americani. Tuttavia mancava ancora un importante tassello al puzzle: la delega del maresciallo. Senza questo documento, infatti, Castellano avrebbe firmato solo a suo nome e non a quello del governo italiano. Con qualche riluttanza, il telegramma definitivo arrivò alle 16.30 e un’ora dopo la resa fu firmata: era il 3 settembre 1943.

La popolazione italiana apprese l’esistenza dell’Armistizio di Cassibile solo cinque giorni più tardi (8 settembre 1943) tramite il Proclama Badoglio. Il maresciallo, ai microfoni dell’EIAR (precursore della RAI), dichiarò infatti: “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.


Le conseguenze dell’Armistizio di Cassibile

È complesso valutare tutte le conseguenze scaturite dall’Armistizio di Cassibile. Possiamo però affermare con certezza che l’Italia, dopo la firma della resa, si ritrovò allo sbando. Particolare apprensione arrivava dallo scenario nel Settentrione. I tedeschi, infatti, avevano messo in conto un possibile voltafaccia dell’Italia e da tempo avevano ideato l’”Operazione Achse”, ovvero l’occupazione della Penisola e dei suoi centri nevralgici di potere.

I nazisti il 12 settembre 1943 riuscirono poi a liberare Mussolini, detenuto sul Gran Sasso, grazie a un’operazione portata a termine da truppe scelte. Il dittatore fascista diventò così capo della Repubblica Sociale Italiana (o Repubblica di Salò), un governo fantoccio del regime nazista che si estendeva dalle Alpi fino alla Linea Gustav (centro/sud Italia). Il Regio Esercito, completamente allo sbando dopo il Proclama, si sgretolò. Alcuni disertarono e tornarono a casa in abiti civili, altri si diedero alla macchia e altri ancora iniziarono a combattere da partigiani per rovesciare l’RSI. Altri gruppi militari, come la X Flottiglia MAS, rimasero fedeli al nazi-fascismo e nel territorio della Repubblica di Salò si macchiarono di crimini indegni contro i partigiani e la popolazione civile.

Più gestibile invece la situazione al Sud, dove il governo Badoglio si insediò, assieme al Re. La scelta della sede dell’esecutivo ricadde sulla città di Brindisi, mentre a Bari venne costituito un primo Comando destinato ad assumere funzioni direttive e di coordinamento delle forze dell’Arma dei Carabinieri. Per ottenere pieno appoggio degli Alleati, Badoglio dichiarò guerra alla Germania il 13 ottobre 1943. È solo l’inizio di quella che molti storici definiscono una vera e propria guerra civile in Italia: nazi-fascisti contro partigiani e alleati. Un conflitto che diede ragione al secondo schieramento, che assicurò al nostro Paese la libertà tanto agognata dopo un ventennio passato sotto la scure di un regime repressivo e scellerato.

Cos’è l’Armistizio di Cassibile?
L’Armistizio di Cassibile è il documento attraverso il quale l’Italia firmò la resa con gli Alleati. L’armistizio Seconda Guerra Mondiale rappresentò una pietra miliare nel percorso che l’Italia compì per uscire dall’incubo della Seconda Guerra Mondiale.
Quando si ebbe la firma dell’Armistizio di Cassibile?
La firma sull’Armistizio di Cassibile arrivò il 3 settembre 1943. Tuttavia, la popolazione seppe dell’armistizio tramite il Proclama Badoglio solo 5 giorni più tardi (8 settembre 1943).
Chi firmò l’Armistizio di Cassibile a nome dell’Italia?
Fu il generale di brigata Giuseppe Castellano a firmare l’Armistizio di Cassibile per l’Italia. La necessaria delega da parte del maresciallo Pietro Badoglio (capo del Governo) arrivò in extremis, ma questo non pregiudicò l’operazione, che pose fine alle ostilità tra Italia e le forze di Stati Uniti e Gran Bretagna.

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